domenica 21 marzo 2010

La sciabica ed il pescatore - frisceu de gianchetti

A volte, per gustare pienamente un piatto, anche il più semplice, anche se il piatto non c'è, e si tratta solo di un cartoccio di carta, di dita unte e lingue scottate, aiuta sapere da dove e come arriva quello che ci mettiamo in bocca:

Fa freddo stamattina, sulle spiagge del ponente, siamo a metà marzo e la tramontana tesa che arriva dai monti ha portato un'alba spettacolare, un cielo terso come si vede solo d'inverno qui in Liguria.

Il gozzo ha già riportato a riva la resta e allora ci mettiamo a tirare, pantaloni arrotolati al ginocchio perchè ci bagnamo i piedi, nel mare liscio come una tavola.

«Tia, tia; dagghe cianìn che se sciacca! Belinùn!»
(tira, tira; fai piano che si schiaccia! Stupido!)

Il capo-rete dà il tempo, bisogna tirare la rete lentamente, dentro ci sono i gianchetti, i piccoli delle sarde, non bisogna rovinarli, stasera è San Giuseppe e bisogna preparare i frisceu.

«E mèscite un po' bèl'òmmo»
(e sbrigati un po' bell'uomo, ironico).

Bisogna stare svegli, la rete, mano a mano che si recupera, va arrotolata, altrimenti si ingarbuglia.
Il cazziatone è di rigore, la difesa pure:
«Sbaglia finn-a o præve in to dî messa!»
(sbaglia persino il prete a dire messa!), ma si continua a tirare le reste, poi i bracci fino alla fine.

Il sacco è a riva, sembra un buon "pieno", anche oggi ci siamo guadagnati la giornata, e stasera le mogli avranno da lavorare in cucina.

La pesca con la sciabica è una pesca antichissima, già usata fin dagli egizi. Si pratica da riva (anche da barca ma è leggermente diversa) e occorrono diversi uomini per tirare la rete. Ancora oggi su alcune spiagge liguri, soprattutto del ponente, si può vedere anche se ormai sta diventando una vera rarità.

Il 19 di marzo è San Giuseppe, e tradizionalmente vengono preparati i frisceu di gianchetti, o bianchetti, novellame di sardine e acciughe, a casa o tra amici.

I gianchetti di sardine e quelli di acciughe sono molto simili e riconoscerli non è facile, ma i primi iniziano alla fine di dicembre e sono al loro massimo a marzo, mentre quelli di acciughe sono tipicamente estivi.

I frisceu che si preparano con questi pesci, sono rotondi, sono croccanti fuori e morbidi dentro, sono da mangiare subito, appena tolti dall'olio bollente.

Le mani unte e la lingua bruciata sono un piccolo scotto da pagare per questa primizia del mare.

Ingredienti per 4 persone:
2 etti di gianchetti
uovo
farina
aglio
prezzemolo
sale
nel caso siate persone serie raddoppiate le dosi che quelle sopra a me fanno fresco.

Preparazione:
Prepariamo la pastella con l'uovo, farina, un po' d'acqua, prezzemolo e aglio tritati fini, sale. Sbattiamo bene il tutto e lasciamo riposare un paio d'ore.
Aggiungiamo i gianchetti ben puliti e scolati e amalgamiamo bene il composto.

Mettiamo l'olio in una padella e scaldiamolo bene, friggiamo l'impasto a cucchiaiate. Quando sono ben dorati da entrambe le parti, scoliamoli e mettiamoli in un piatto con carta assorbente con un pizzico di sale fino. Da
mangiare ben caldi.

Ovviamente ci sono vari modi di gustarli, una delle alternative potrebbe essere la seguente:

Gianchetti al vapore

Ingredienti per una persona
200 g di gianchetti (o dipende dalla fame e dalle successive pietanze)
1 limone
basilico
olio (se lo trovate di olive taggiasche)

Preparazione:
tritare finemente il basilico ed emulsionarlo con l'olio.

In un piccola pentola versare due dita d'acqua, spremerci il limone e incominciare a scaldare dolcemente.

Nel frattempo risciacquare i bianchetti, sistemarli nel cestello per il vapore e quando l'acqua bolle sistemarli nella pentola, far cuocere al vapore per una decina di secondi quindi trasferirli in una ciotola, aggiungere una presa di sale e condire con l'emulsione di olio al basilico.

Semplice ma gustosa, con tutto il sapore del mare e la sensazione della sabbia fredda tra le dita dei piedi, la mattina presto.

domenica 14 febbraio 2010

Pesto e Batàn 1+1=3

Trenette al pesto, minestrone alla genovese, torta pasqualina, stoccafisso accomodato, pandolce genovese, zemìn di ceci, ma l'elenco potrebbe continuare a lungo, sono solo alcuni dei piatti fondamentali della cucina ligure.

E della cucina peruviana.

Giuseppe Canevaro, Emanuele Solari, Bartolomeo Celle, Giuseppe Sciutto, Giuseppe Saccone, Luigia Scheroni, Pietro Parodi, Pietro e Gregorio Pescetto, Michele Canepa, Giovanni Battista Parodi, sono tutti nomi molto comuni a Genova e dintorni.

Ed anche a Lima e dintorni.

La cucina peruviana è storia di evoluzione, di contaminazioni, di emigrazioni di popoli, di ritorni.

Una delle sue contaminazioni maggiori (certamente non l'unica) deriva dalla cucina italiana, che ha esercitato una influenza silenziosa ma costante, giungendo al risultato di far incontrare due mondi culinari molto differenti in origine.

E della cucina italiana, l'influenza maggiore è stata quella della cucina regionale ligure, soprattutto nella seconda metà del 1800.

Le trenette al pesto sono il piatto ligure per antonomasia, uno dei primi piatti di "pasta" introdotti in Perù, dove hanno cambiato nome in "tallarines verdes a secas".
I peruviani (criollos) aggiunsero al basilico originale gli spinaci, e tolsero i pinoli. In Liguria si usa pecorino sardo e parmigiano, in Perù, per non complicarsi la vita posero mano al "queso fresco", il formaggio fresco locale.

In Italia la pasta ha un posto tutto suo nella gerarchia del menù, in Perù i tallarines verdes sono la portata principale di un pasto, e, nella versione "montado", ovvero con carne fritta (la "milanesa") o uovo fritto sono particolarmente apprezzati.

Quello che in Italia potrebbe essere considerato aberrante, in Perù diventa uno dei piatti nazionali a tutti gli effetti, una delle icone della cucina italo-peruviana.

Lo stesso è accaduto con le tagliatelle con ragù alla bolognese, convertiti in tallarines rojos, ed oggi diventati piatto comunemente consumato in casa e al ristorante, nella versione peruviana con cumino tostato, origano, abbondanti carote e pollo.

Anche in questo caso, il piatto viene profondamente cambiato fino a convertirsi in qualcosa di nuovo, tipico ed esclusivo della cucina peruviana.

O ancora si potrebbero citare i tallarines con salsa huancaína, incontro della pasta italiana con una crema esclusivamente peruviana.

In alcune "fondas" ovvero i tipici ristoranti da strada peruviani, noi le chiameremmo trattorie se esistessero ancora le vere trattorie, si incontra la pasta combinata nei modi più variati, fino a pasta con riso, pasta con fagioli fritti, pasta come portata principale a colazione, e nel nord, anche pasta con cebiche, ovvero pesce fresco crudo marinato con limone e cipolla.

Giovanni Bonfiglio, sociologo di origine italiana, che ha investigato lungamente nell'incontro delle due tavole, dice che "in Perù, sulla base dell'influenza della cucina italiana, si sono sviluppati piatti tipici, che non sono più italiani, se non proprio peruviani", una forma elegante per dire che il peruviano, una volta che incontrò le tagliatelle, ne fece quello che gli pareva, nel bene e nel male.

E' importante notare che ci troviamo di fronte ad una cucina differente, ovvero non la cucina italiana esportata e deformata, che mantiene velleità di italianità (pensiamo ai fettuccini alfredo) come tante volte accade di incontrare in altri paesi, ma proprio incontro di materie prime, ingredienti, ricombinati ed evolutisi su strade diverse e nuove.

Ovvero, i tallarines verdes non sono la versione estera delle "trenette al pesto", ma un piatto nuovo, nazionale e con caratteristiche ben definite e non confondibili con l'originale italiano (neanche nel senso di appartenenza).

Ma dove ha inizio tutto ciò?

Nel secolo XVI giunsero in Perù gli spagnoli, dove incontrarono alcuni vegetali che mai avevano visto nel vecchio mondo.
Concentriamoci per un momento su due di questi nuovi vegetali che in Sud America si consumavano da sempre: la patata ed il pomodoro.

Gli europei se li portarono nel loro continente ed iniziarono ad assimilarli nella loro cucina, che, d'altro canto, aveva già subito importanti influenze dalle spezie indiane pochi secoli prima.

Secoli più tardi, con l'inizio della forte immigrazione cinese e giapponese in Perù, la cucina locale ricevette quello che oggi è considerato imprescindibile nei suoi piatti: il riso come accompagnamento.

Contemporaneamente, dall'Europa, ed in particolare dall'Italia, la patata ed il pomodoro fanno ritorno in Perù insieme alla forte immigrazione ligure, anche se in forma differente dall'originale esportato in Europa: la prima ritorna sotto forma di gnocchi, mentre il secondo come condimento per diverse ricette. Culturalmente si è trattato di un fenomeno di esportazione e reimportazione degli stessi prodotti, rielaborati ed utilizzati differentemente.

Alcuni prodotti, base sociale del sostentamento peruviano, vedi ad esempio il mais, sono stati esportati, cucinati ed aggregati differentemente e reimportati come piatto tipico italiano, come ad esempio la polenta, che in Perù è conosciuta e comunemente consumata, ma mantiene la sua connotazione di esclusiva italianità.
(la "polenta" peruviana, ovvero il tamales e la humita, ha consistenza, preparazione e presentazione profondamente differente).

Uno degli chef italiani più conosciuti in Perù, Ugo Plevisani, dice che "in Perù ci si trova davanti ad un matrimonio bifronte, quello che chiamo incontro tra Pacifico e Mediterraneo. Da un lato abbiamo l'influenza orientale, dall'altro l'influenza spagnola ed europea, che ha a sua volta ricevuto l'influenza araba, una sorta di primo rinascimento gastronomico europeo. La scoperta del continente americano fu l'altra grande rivoluzione culinaria europea, che, d'altro canto, arriva successivamente in Perù e si assimila ed integra nella dieta locale".

In altre parole, giunge un momento in cui differenti stili culinari si incontrano sulla tavola peruviana. Ed il vincolo tra la cucina peruviana e quella italiana inizia nel XIX secolo.

Punto centrale della Liguria è il porto di Genova, culla di alcuni tra i migliori marittimi del Mediterraneo. Questo porto è anche il luogo da cui partirono la maggioranza degli emigranti che si stabilirono in Perù, attratti dal commercio del guano e dai racconti di chi stava già facendo fortuna in Perù, oltre che spinti da un sempre maggiore impoverimento e perdita di prestigio della Genova di metà '800.

Nel 1840, gli italiani (registrati) in Perù erano 1 migliaio, quasi esclusivamente genovesi, nel 1880 superavano i 10.000 mentre nel 1903 arrivavano a toccare i 15.000 senza contare quelli che non si registravano agli uffici immigrazione.

La quasi totalità degli immigranti italiani che arrivarono in Perù entro la fine dell'800 provenivano dalla Liguria, quelli che non erano liguri arrivavano dalla provincia di Alessandria, poi si avevano altri sparuti gruppi di lombardi, veneti ed emiliani. Erano ripartiti in maggioranza a Lima e nelle città costiere, iniziando, ovviamente, dal Callao, che diventerà il futuro Porto di Lima.

La Guerra del Pacifico (1879-1884), significherà un primo grosso freno all'immigrazione italiana in Perù, che ricomincerà all'inizio del '900 ma sarà costituita ora, prevalentemente, da gente immigrata dal sud dell'Italia, con molti meno mezzi rispetto ai "commercianti" liguri che per primi arrivarono in Sud America il secolo precedente.

I primi commerci che si installarono in terra ferma nel corso dell'800, oltre ai servizi per il commercio del guano e del salnitro, furono servizi di ristorazione: fondas, picanterías, alcuni bar. Non esisteva cittadina costiera senza una "taverna" di italiani.

Quasi subito i liguri iniziarono a coltivare orti con diverse specie di vegetali. Nel 1854 il 40% degli orti di Lima erano di proprietà di italiani. Questo si tradusse nell'apparizione e diffusione di nuovi ortaggi, come le bietole, gli spinaci, i cavoli, i broccoli, le melanzane ed il basilico.

Mentre succedeva questo, l'alta cucina peruviana era ancora orientata completamente verso la Francia, però alcuni piatti provenienti dalla Liguria iniziavano a diffondersi ed a stuzzicare i palati della buona borghesia locale, grazie alle varie trattorie che spuntavano ovunque e grazie ad alcuni cuochi impiegati nelle case patrizie.

Questi primi piatti, che videro una approvazione prima della borghesia e poi una accettazione generalizzata sono appunto le trenette al pesto, il minestrone genovese, i ravioli di magro, la torta pasqualina, il "mondonguito" alla italiana (la trippa alla sbìra), e, per il pesce, particolare prelibatezza assunse il mosciamme (filetto di delfino) sopra agli altri.

Le acciughe, onore e vanto della moderna gastronomia ligure, avrebbero dovuto attendere ancora molti anni prima di venire rivalutate e "nobilitate" dagli attuali chef peruviani, essendo considerate un vero e proprio cibo per i poveri.

Tutti questi piatti vennero trasformati, rinnovati, integrati e assunsero una nuova connotazione non più emigrante, ma locale nella trasformazione culinaria degli ultimi due secoli.

E dunque pesto e mortaio, o meglio, batàn come viene chiamato in Perù, ingredienti e stili che sommati producono una terza nuova meraviglia culinaria.