domenica 1 novembre 2009

Quando il pomodoro non c'era - Viaggio (ragionato) nelle salse ed intingoli

A guardare nei menu dei ristoranti o delle case di oggi, in Liguria il pomodoro sembra esistere da sempre. Invece da noi è arrivato tardi anzi tardissimo, ed ancora dopo si è imposto nei nostri piatti.

Ha iniziato ad essere coltivato solo come pianta ornamentale, come in quasi tutto il resto d'Italia, e fino a metà dell'800 non veniva utilizzato nella cucina ligure se non, raramente, nella sua forma da "insalata" (famoso è diventato il cuore di bue di Albenga anche fuori della nostra regione, solo nel corso degli anni 80 del 1900).

Quando G.B. Ratto, nel 1865, scrisse e stampò la Cuciniera Genovese, il pomodoro comparve per la prima volta in alcune ricette del libro, che risentiva, comunque, di notevoli influenze toscane.

Ma fino ai primi del '900 la cucina ligure era di fatto una cucina sostanzialmente "in bianco", come si è mantenuta in molte sue ricette ancora oggi.

Come ho già avuto modo di dire, la cucina ligure attuale si è sviluppata come contaminazione, nel corso dei secoli, di altre cucine, sia la piemontese, soprattutto nella riviera di ponente ed a Genova, sia con le cucine, i metodi e gli ingredienti che sono arrivati via mare nel corso dei secoli.

Gli influssi orientali si sono fatti sentire dapprima con le colonie genovesi in Crimea, ed i contatti con i popoli mongoli, ed in seguito con le varie ondate arabe che si sono susseguite nel Mediterraneo.

Dall'oriente abbiamo derivato molte preparazioni che oggi a buona ragione possono definirsi liguri, a seguito della ulteriore elaborazione dei metodi e contaminazione degli ingredienti sul nostro territorio, e tra queste alcuni dei nostri sughi, o sarebbe meglio dire salse, più famose.

E allora facciamo un piccolo viaggio nel mondo delle salse liguri, come si usavano e come vengono ancora proposte a tavola, tutte, rigorosamente, senza pomodoro.

Tutte le salse proposte di seguito non hanno una codifica ben determinata sia come ingredienti che come dosi, in quanto le singole famiglie spesso provvedono a modificarle a proprio uso. Vengono, quindi, riportati ingredienti e dosi che maggiormente trovano riscontro nella media delle ricette.

Nota: non verrà presentato il pesto, in quanto già se ne è lungamente discusso.



Agiadda (Agliata)
Zona di diffusione: Vessalico, tutta la valle Arroscia, entroterra ponentino, con varianti in tutta la Liguria fino a Sarzana.

Di questa salsa ne esistono varianti diverse, a seconda se ci si sposta più sulla riviera di ponente che in quella di levante, ed anche il nome cambia da agiadda ad aié.

Degli ingredienti originali, il primo che viene a mancare dirigendosi verso Genova è l'uovo, che rende questa salsa così simile all'aiolì francese.

L'ingrediente principe, comunque, rimane l'aglio, e possibilmente di Vessalico, che ha proprietà organolettiche precisamente individuabili.

Versione ponentina
La sua preparazione parte da ingredienti semplici ma la difficoltà sta nella "montatura" del tuorlo che, come in una maionese, si ottiene aggiungendo lentamente, a filo, l'olio, ovviamente extravergine di oliva.

Ingredienti:
un tuorlo d'uovo
2 spicchi di aglio fresco rigorosamente di Vessalico (Valle Arroscia)
olio extravergine di oliva
sale

Preparazione:
si pesta l'aglio nel mortaio fino ad ottenere un composto omogeneo.
A questo punto si aggiunge un pizzico di sale, il tuorlo d'uovo e, con grande abilità nel lavorarlo insieme al tuorlo, l'olio "a filo" (cioè facendolo scendere lentamente dal beccuccio dell'oliera), fino ad ottenere una densità cremosa.

La salsa dovrà risultare così "soda" da poter essere tagliata con un coltello.

Una variante, sempre presente nel ponente, è di incorporare il tuorlo d'ovo ma sodo, senza farlo montare come visto precedentemente.

Versione senza uovo
Uscendo dalla Valle Arroscia, al posto dell'olio viene sostituito l'aceto ed al posto dell'uovo, che scompare, la mollica di pane, trasformando così questa salsa in qualcosa di differente, ma ancora simile:

Ingredienti:
aglio
aceto
mollica di pane
vino bianco secco
sale.

Preparazione:
si mette nel mortaio l'aglio e la mollica di pane e si pesta.
Si aggiunge il sale e si diluisce con aceto e vino.
Il composto viene quindi fatto bollire per pochissimi minuti, prima di condire.

Con questa salsa si può accompagnare il bollito, oppure le verdure lesse, come i fagiolini all'agliata tipicamente genovesi, oppure il baccalà.

Esiste, tuttavia, una ricetta un po' particolare in quanto si utilizza del fegato e la poppa di vitella, che era una delle parti della vitella consumate tipicamente a Genova fino a non molti decenni fa:

Figaeto in aggiadda
Ingredienti:
Fegato di vitello
olio extravergine d'oliva
mollica di pane
un poco di poppa o milza di vitella
sale

Preparazione:
Tagliare il fegato a listarelle sottili e accomodarlo in una padella dopo aver riscaldato l'olio.
Rimestare con il cucchiaio di legno il fegato e cuocere a fuoco alto.
In precedenza pestare nel mortaio la mollica di un panino inzuppata di ottimo aceto e un poco di poppa o milza di vitello, prima sbiancata con una rapida bollitura.

Versare il preparato in una tazza e allungare con un altro poco di aceto.
Quando il fegato è quasi pronto sistemarlo da una parte della padella e nella parte rimasta libera versare il preparato.
Poi, con il cucchiaio mescolare, girando energicamente per non più d'un minuto.
Salare a piacere al momento di servire in tavola. Servire caldo.



Marò o Pestùn de fave (salsa di fave)
Zona di diffusione: Ponente ligure

Dal mare e più precisamente dai saraceni sembra derivare quest'altra salsa, a base di fave e dal colorito verde chiaro brillante.
L'etimologia della parola si presta invero a due diverse origini:
l'una mar-a dall'arabo salsa, e l'altra marò da marinaio, visto che di questa salsa sembrava farsene grande uso sulle imbarcazioni.

Anche nella ricetta di questa salsa gli ingredienti possono variare, ma la più antica è la seguente.

Ingredienti:
500 g di fave fresche
8 foglie di menta
aglio
olio extravergine di oliva
sale grosso
pepe
aceto.

Dopo aver pulito le fave, liberandole anche della seconda pellicina, si pestano (tradizionalmente) nel mortaio con le foglie di menta, l'aglio e un pizzico di sale grosso.

Pestare bene sino ad ottenere una pasta omogenea. Versare il tutto in una terrina ed aggiungere il pepe ed uno goccio d'aceto.

Diluire con l'olio ed amalgamare fino ad ottenere una consistenza semiliquida.

Esiste una versione più ricca e più moderna, che utilizza anche il pecorino grattugiato e la maggiorana nell'impasto.

Ci si può accompagnare carni alla griglia o pesce, oppure condire delle ottime trenette. Sembra che nell'uso originario si consumasse insieme a capra e pecora arrostite.



Machetto (pasta di sardine)
Zona di diffusione: Ponente ligure, oggi in tutta la Liguria

Anche questa salsa tra origine dal mare, ed anch'essa ha una corrispondenza in Francia, la pissala povenzale. L'origine è sicuramente molto antica, basti pensare al garum dei romani o al nuoc mam vietnamita derivati dalla fermentazione di piccoli pesci.

Nel ponente con questa pasta si condivano le focacce, da cui deriva nel tempo la pissalandrea o macchetusa, o ancora sardenara a seconda della zona di produzione.

La salsa anticamente veniva composta da sardine, specie le parti di scarto, come la testa, ma anche tutto il pesce, comprese le interiora, mentre al giorno d'oggi alle sardine si preferiscono le acciughe ed è stata modificata dall'introduzione del pomodoro tra gli ingredienti.

La versione originale è questa.

Ingredienti:
500 g di sardine medio piccole
olio di oliva extravergine
sale grosso.

Preparazione: le sardine vengono tritate e disposte in vasi di vetro, mescolando qualche minuto ogni giorno, sino ad ottenere una pasta omogenea. A seconda del grado di fermentazione che si vuole ottenere possono occorrere pochi giorni sino a qualche settimana.

Quando il machetto è pronto, aggiungere olio di oliva extravergine per ammorbidire il gusto ed aiutare la conservazione.

Con questa salsa si preparano gustosi crostini che vengono serviti insieme ad aperitivi e come antipasto, ci si possono condire focacce, fin'anche la pasta.



Pesto d'aglio
Zona di diffusione: Val Pentemina a Nord di Genova

Nuovamente una salsa a base d'aglio, ma con varianti: all'aglio si aggiunge l'olio e il formaggio grattugiato che un tempo derivava dalle formaggette locali, fatte stagionate, che ogni famiglia produceva per autoconsumo.

Il tutto si amalgama con la panna: una volta si utilizzava la crema di latte, quella affiorata lasciando riposare il latte all'interno di un recipiente largo (le gamelle smaltate), per una notte.

Una variante un po' più accettabile ai nostri moderni palati prevede l'aggiunta dei pinoli e un quantitativo inferiore di aglio.

È un condimento che tradizionalmente accompagnava la polenta. Si sposa però molto bene anche con le penne, le patate quarantine e con i ravioli alle erbe.

Non si sa esattamente il perché della sua origine: poiché gli ingredienti sono gli stessi del pesto, potrebbe essere nato come pesto senza basilico, visto la mancanza di quest'ultimo per buona parte dell'anno nella valle, ma è solo un'ipotesi.

Da notare che nel Tigullio, al pesto suole aggiungersi la prescinseua, oppure ricotta o, anche, un po' di panna fresca.

È probabile che anch'esso possa avere origini simili a quelle dello "aioli" provenzale e delle salse a base d'aglio della Spagna mediterranea (alioli) e della Grecia (skordhalià).

Nella pratica gastronomica anche questa salsa, come il pesto, presenta delle piccole varianti, come l'assenza di pinoli o la diversa quantità di aglio.

Difficile da reperire oggi, si trova quasi esclusivamente a Pentema, piccola frazione della Val Trebbia, per antonomasia il paese in capo al mondo, famoso per il suo museo di storia contadina e per il presepe che cerca di rilanciare le sorti di un paese in stato di semi-abbandono.

Ingredienti:
2-3 spicchi d'aglio
due manciate di pinoli
50 g di formaggio grana
due cucchiai di panna (non quella dolcificata)
30 ml d'olio
sale q.b.

Preparazione:
Pestare l'aglio, privo della pellicina, nel mortaio, insieme ai pinoli.
Unirvi il formaggio grana grattugiato ed una presa di sale.
Versarvi quindi l'olio ed amalgamare il tutto con la panna.

Prima di servire, allungare leggermente usando l'acqua di cottura della pasta. Da ricordarsi che se si dovessero aumentare gli spicchi d'aglio si ottiene una salsa dal sapore decisamente più forte; sarà bene quindi aumentare in proporzione anche gli altri ingredienti.



Sarsa de noxe (salsa di noci)
Zona di diffusione: Tutta la Liguria

Nell'antica Persia era già diffuso l'utilizzo di questa salsa che tuttora è presente nella cucina orientale e balcanica.

Fu presumibilmente all'epoca della Repubblica che i Genovesi trasportarono, via mare, se non la salsa, sicuramente la ricetta.

La "sarsa de noxe", quindi, fece un lungo viaggio prima di giungere da noi dove fu ben presto utilizzata per dar vita ad un ottimo condimento di consistenza cremosa, di colore bianco avorio dal sapore dolce in cui si riconosce chiaramente il gusto della noce.

Ideale per condire i pansòti (ravioli alle erbe, tipici liguri) dalla caratteristica forma triangolare, gli gnocchi di castagne, ed altro.
Anche questa salsa, come il pesto, presenta delle piccole variazioni nella letteratura e nella pratica gastronomica, come l'assenza di pinoli o la presenza a piacere della maggiorana.

Ingredienti:
250 g di gherigli di noci già puliti
un cucchiaio (g 25) di quagliata (prescinseua)
50 g di pinoli
tre cucchiai d'olio extravergine di oliva
la mollica di due panini
sale.

Preparazione:
pelare i gherigli di noci, dopo averli scottati in acqua bollente. Inzuppare la mollica del pane nell'acqua o nel latte e strizzarla: ciò impedisce che la noce formi olio e renda amara la salsa.

Mettere nel mortaio i gherigli di noce, la mollica, l'aglio, il sale e i pinoli e per chi volesse, la maggiorana.
Tritare bene e versare il tutto in una terrina dove il composto verrà diluito con il latte cagliato, scolato dal suo siero, e l'olio.

Mescolare gli ingredienti fino a quando non si saranno tutti ben amalgamati e la salsa avrà l'aspetto di una crema.



Sarsa de pigneu (Salsa di pinoli)
Zona di diffusione: Genova, ora in buona parte della Liguria

Oltre alla salsa di noci, un'altra salsa bianco avorio e di sapore più delicato della prima si presta per condire lasagne e pansòti: la salsa di pinoli.

Non si sa quando si è evoluta e da quando è stata introdotta nella nostra cucina, ma visti gli ingredienti, potrebbe nuovamente essere una salsa molto antica.

Ingredienti:
g 250 di pinoli
un cucchiaio (25 g) di quagliata (prescinseua)
un cucchiaio d'olio extravergine di oliva
la mollica di due panini inzuppati nel latte
sale.

Preparazione:
Pestare nel mortaio i pinoli assieme alla mollica di pane. Regolare il sale e unire gli altri ingredienti.
Mescolare il tutto aggiungendo l'olio per ammorbidire l'insieme.

E' da notare, come fino alla fine dell'800, in Liguria, sulle mense del popolo, l'olio che si utilizzava fosse olio di noci o di nocciole, in quanto l'olio d'oliva era troppo caro per un uso locale e si preferiva venderlo fuori territorio. Da questo uso, forse, si sono evolute salse come le due appena proposte.



Sugo di gherigli
Zona di diffusione: entroterra di Savona

Faccio un'eccezione per questo particolare sugo, in quanto la presenza del pomodoro è sia scarsa, sia una aggiunta più recente, visto che originariamente il sugo si preparava liscio e senza pomodori.

Fuori dall'entroterra di Savona non è conosciuta, e quindi la propongo con piacere.

Il suo gusto è delicatamente saporito ed il colore è dorato, è un sugo tipico del paese di Balestrino.
E' ottimo con le tagliatelle casalinghe, e ricorda una cucina semplice, frutto dell'utilizzo dei prodotti che la natura dei boschi circostanti offre, con l'aggiunta di soli pochi altri ingredienti, atti più ad amalgamare che a dare sapore.

Anche l'origine di questo sugo è più orientale come usanza, visti i gherigli delle noci utilizzate e le mandorle.

Ingredienti:
1 tazza di gherigli di noce, mandorle, e nocciole sgusciate
2 spicchi d'aglio
2 fette di pane raffermo
olio
conserva di pomodoro q. b. (molto, molto poca, 1 cucchiaio è
sufficiente)

Preparazione:
Far soffriggere in una casseruola, ben unta, le noci, le mandorle, le nocciole insieme agli spicchi d'aglio e al pane raffermo spezzettato.

Pestare il tutto nel mortaio, riporre quindi nuovamente nella casseruola con un cucchiaio di conserva di pomodoro, allungata con mezzo bicchiere di acqua tiepida.
Far cuocere a fiamma molto bassa sino a quando l'olio si separerà dal resto.

Condirci tagliatelle o pasta fatta in casa. Volendo rispettare filologicamente la tradizione, non aggiungere il pomodoro.



Salsa di carciofi
Zona di diffusione: ponente e Genova

Si pensa che l'origine di questa salsa sia il ponente ligure, anche se a Genova è abbastanza diffusa, ed inoltre Genova acquistava i carciofi direttamente dalla Sardegna, anticamente.

Si utilizza per condire lasagne o pasta fatta in casa.

Ingredienti:
3 carciofi
1/2 cipolla
1/2 bicchiere di vino bianco secco
1 cucchiaio di farina
1 spicchio d'aglio
prezzemolo
olio
sale

Preparazione:
Rosolare la cipolla tritata e l'aglio nell'olio, aggiungere i carciofi tagliati sottili, quindi a fiamma più alta unire il vino bianco ed un cucchiaio di farina e far svaporare.

Abbassare la fiamma e lasciar cuocere aggiustando di sale, per un quarto d'ora.
Al momento di servire tritare il prezzemolo sulla pasta con un filo d'olio crudo.

Finiamo questa carrellata con una salsa utilizzata con i primi di pesce, una preparazione che ancora si chiama "Pasta ai pesci saè".



Pasta ai pesci saè
Zona di diffusione: tutta la Liguria

La preparazione è semplicissima: si sciolgono un po' di acciughe nell'olio a fuoco dolce, senza far sfrigolare, in quantità da regolarsi a seconda dei commensali.

Quando le acciughe si trasformano in una salsa densa, simile ad una pasta, si aggiunge un trito di aglio e prezzemolo, che deve star sul fuoco pochissimo affinchè quest'ultimo non cuocia.

Si scola la pasta e si condisce con questa salsa, ottima corroborante per una giornata di lavoro.