lunedì 14 settembre 2009

A qualcuno piace "hot"! Le rotte delle spezie (parte settima)

Gli alti e bassi nel monopolio delle spezie alla caduta dell'Impero Romano

I Romani, come abbiamo visto, riuscirono a spezzare il monopolio indiano-arabo ed a mettersi in comunicazione diretta con l’India per l’importazione delle spezie.

Nei due secoli successivi, aumentarono enormemente il traffico (e le conseguenti esportazioni) di merci e materie prime nei due sensi. Da Myos Hormos (l’attuale Quseir a Sud del Golfo di Suez) ogni anno partivano 120 navi con destinazione i porti occidentali dell’India. Si partiva verso luglio dall’Egitto, sfruttando poi i monsoni di ottobre verso est, per utilzzare quelli contrari a dicembre e ritornare in Egitto verso primavera. In meno di un anno le navi partivano con le merci del Mediterraneo e tornavano cariche delle spezie orientali, per ripartire il luglio successivo.

Gli scambi diretti tra Impero Romano ed India arrivarono fino alle coste orientali dell’India: nei pressi di Arikameddu, vicino a Pondicherry, è stata scoperta una colonia romana, un vero e proprio insediamento, con suppellettili provenienti dall’Italia.

Roma arrivò fino alla Cina, anche se non in maniera sistematica, ma ambascerie verranno scambiate tra i due Imperi.

Le spezie indiane viaggiavano insieme alle merci cinesi, sia via mare che via terra. Di contro, in India venivano importate stoffe, manufatti ed il molto apprezzato vino italiano e corallo napoletano, che raggiungeva le loro coste.

Da Roma le spezie venivano poi diffuse in tutto l’Impero, verso la Spagna, le coste del Nord Africa e nell’Europa settentrionale. Il prezzo del pepe a Roma, nel 77 d.c. era di 45 denari per quello “lungo”, 18 denari per il pepe bianco e solo 9 denari per il pepe nero.

A tal proposito, Plinio il Vecchio aveva da dire: «non vi è anno in cui l'India non dreni 50 milioni di sesterzi all'Impero romano» e altri moralismi sul pepe: «È sorprendente che l'uso del pepe sia diventato così di moda, vedendo che nelle altre sostanze che usiamo è la dolcezza o la loro apparenza che ha attratto la nostra attenzione; il pepe non ha nulla in se che possa implorare una raccomandazione come altri frutti, avendo come unica qualità una certa piccantezza; ed è per questo che ora lo importiamo dall'India! Chi fu il primo che fece di esso un genere alimentare? E chi, per mia meraviglia, non fu contento di preparare per se stesso un pasto che servisse soltanto a saziare un robusto appetito?».

Sotto Traiano, l’Impero Romano raggiunge la sua massima estensione, arrivando ad est fino a lambire il Mar Caspio ed il Golfo Persico, controllando sia la rotta delle spezie nel Mare Indiano, che le varie vie della seta tra la Cina e l’Occidente. La richiesta di beni di lusso e di spezie si alza più che mai, ed enormi quantitativi di spezie orientali arriveranno nel Mediterraneo e da lì verranno commerciate verso il nord e l’Europa Occidentale.

Ma nel 226 d.C. in Persia subentra la ben organizzata monarchia sassanide, e da questo momento il commercio via terra con l’Asia diventa monopolio incontrastato dei mercanti persiani. Contemporaneamente, Roma perde anche il vantaggio nell’Oceano Indiano, dal momento che ai suoi commercianti subentrano quelli Indiani ed Arabi.

Il traffico privilegiato di Roma con l’oriente, torna in mano agli intermediari, aumentando nuovamente i costi di trasporto e di mediazione vera e propria delle spezie.

Al crollo dell’Impero Romano d’Occidente, il ruolo di intermediario per l’importazione delle spezie passa a Bisanzio, ma la domanda di beni dall’oriente non è più comparabile rispetto a quanto era avvenuto pochi secoli prima. Bisanzio, tuttavia, avrà pochissime possibilità di un contatto diretto con l’Oriente, confinante com’era con i Sassanidi in Persia, ed anche il tentativo di Giustiniano, di ripristinare i traffici nel Mar Rosso non incontrerà fortuna.

Tra il 622 ed il 632 d.C. una nuova forza politica, militare e religiosa inizierà ad espandersi nel vicino oriente: i musulmani. Nell’arco di pochi decenni misero in crisi l’attività commerciale di Bisanzio e presero in mano l’organizzazione del commercio dettandone anche i prezzi. Il traffico diretto con le Indie viene completamente interrotto e mediato interamente dagli Arabi che molto presto si metteranno in affari con la Spagna e con la Cina.


Tra il VII e l’VIII secolo, il mondo islamico si estenderà dall’Atlantico all’India ed il centro commerciale tornerà ad essere il Golfo Persico, dove arrivano ormai anche le giunche cinesi.

La corte di Baghdad ed il Califfato di Cordoba supereranno in magnificenza e fasti tutte le città d’Occidente. L’uso delle spezie ed i trattati di dietetica arabi si moltiplicheranno, grazie anche alla tecnica della carta che gli Arabi hanno appreso a Samarcanda, nel corso delle loro conquiste.

Il gusto della cucina aromatica abasside rimarrà invariato per secoli nel vicino oriente, così come molte tecniche di trasformazione e conservazione dei cibi, che verranno passate nel Mediterraneo nei secoli successivi.

In una raccolta di 72 ricette, edita a Baghdad nel periodo di massimo splendore della sua corte, a base di carni, pollame, verdure, cereali e leguminose, si incontrano le seguenti piante aromatiche e spezie:
coriandolo secco (nel 96% delle ricette), cannella (96%), aceto (64%), mastice (64%), cumino (61%), pepe (56%), cipolla (54%), erbe fresche (coriandolo, menta, aneto 46%), acqua di rosa (46%), zenzero (36%), zafferano (35%), zucchero o succhi dolci (25%). Una cucina dolce, vellutata, aromatica e speziata.

Il consumo quotidiano di spezie a Baghdad tra il 700 ed il 1000 d.C. non era riservato ai più ricchi, come avverrà nel medioevo in Europa. I magazzini traboccavano di prodotti destinati alla vendita in Occidente, la popolazione viveva un rinnovamento della dietetica grazie alle rinate arti mediche, in decadenza dall’epoca classica, ed era contemporaneamente sottomessa alle influenze della medicina ayurvedica attraverso alcune grandi colonie indiane in Iran.

Nonostante il consumo di spezie fosse così cospicuo, gli Arabi cercarono di collocarle costantemente tra i prodotti di lusso, per poterne generare alti profitti, rispetto a costi di acquisto molto inferiori nella vicina India.

Ma quale era in Europa, il rapporto con le spezie orientali nel corso del medioevo?

- CONTINUA -

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