mercoledì 16 settembre 2009

A qualcuno piace "hot"! Le rotte delle spezie (parte nona)

La fine del monopolio orientale

Dal 1200 in avanti, si assiste ad un progressivo aumento delle importazioni di spezie da un lato, e ad una parallela diminuzione del loro prezzo dall’altro.

Fautori del deprezzamento delle spezie saranno due momenti storici importanti: la nascita delle Repubbliche marinare intorno al XII secolo e l’apertura della via delle Indie da parte dei Portoghesi all’inizio del ‘500.

Per secoli gli Arabi (ed i Persiani più a nord) e gli Indiani erano stati i detentori assoluti del commercio delle spezie, ma dal 1200 circa iniziano a dover dividere i loro profitti con Venezia e Genova, una per la parte orientale del Mediterraneo, l’altra per la zona Occidentale e l’area del Mar Nero.

Da questo momento in avanti, gli Arabi perderanno sempre più terreno nel monopolio dei traffici commerciali e verranno scavalcati dai mercanti ebrei e musulmani d’Occidente, ed infine dai cristiani.

Quando le Repubbliche marinare iniziarono a decadere, intorno al XVI secolo, i Portoghesi tenteranno di installare un loro monopolio su tutti i traffici via mare con l’India, essendo riusciti a stabilire delle rotte dirette circumnavigando l’Africa alla fine del ‘400.

Con vari sistemi di roccaforti portoghesi, impiantate su tutto il tragitto, dalle coste dell’Africa fino al Giappone, cercheranno di mantenere prezzi elevati, ma saranno ancora in concorrenza con i levantini, che cederanno completamente davanti alle flotte commerciali inglesi ed olandesi il secolo dopo.

A Londra il prezzo del pepe si dimezza nel momento stesso in cui l’Inghilterra prende possesso definitivo delle rotte commerciali verso l’India, ed il centro europeo di importazione delle spezie passa da Venezia ad Amsterdam.

Nel momento stesso in cui le spezie diventeranno economiche e facilmente accessibili a tutti, e ne potrebbe, quindi, essere notevolmente incrementato l’uso, si assiste in Europa ad un fenomeno completamente inverso: spariscono quasi completamente dai trattati di cucina della ricca borghesia e della nobiltà.

La Francia, subito dopo il rinascimento, si impone come guida di eleganza e raffinatezza in tutte le corti europee ed inizia immediatamente a dettare il suo stile anche in cucina. Stile che verrà copiato, quale sinonimo di buon gusto a tavola, dalle altre nazioni.

Se si vanno a leggere i trattati di cucina francesi editi tra il 1550 ed il 1650 ci si rende conto che il gusto dei francesi a tavola cambia profondamente in questo secolo. Delle spezie orientali che infarcivano i piatti medioevali prima e rinascimentali dopo, vengono più o meno abolite zafferano, zenzero, galanga, pepe lungo, pepe di Guinea (i famosi “grani di paradiso” medioevali), il macis, il lentisco ed altre ancora. La cannella cessa di essere utilizzata nei piatti salati e da quel momento in avanti verrà riservata solo alle preparazioni dolci.

Delle antiche spezie verranno mantenute, e comunque in misura minore, solo il pepe, il chiodo di garofano e la noce moscata.

I viaggiatori francesi si lamentavano già prima del 1650, nei loro racconti, “dei piatti neri di spezie e di zafferano” che incontravano dalla Spagna alla Polonia.

Alle spezie orientali, nei trattati di cucina, vengono sostituite aromi locali: erbe aromatiche, ma non menta ed issopo, agliacei come cipolla, scalogno e cipolletta di Spagna, tutti i tipi di funghi di cui è anche iniziata la tecnica della coltura, e condimenti provenzali come i capperi, le acciughe, i limoni e le arance amare importate dalla Liguria (le famose melangole).

Dal gusto acido e speziato del medioevo, l’aceto si usava un po’ dappertutto prima, si passa al gusto che predilige condimenti con salse grasse ed il burro diventa il grasso della cucina raffinata. Dal sapore mascherato da eccessivi condimenti si passa all’esaltazione del sapore proprio delle singole pietanze.

Un esempio chiarificatore, è quanto scrive nel 1654 Nicholas de Bonnefois, a proposito della preparazione e cottura dei cibi: “Cercate più che potete di far diversificare e distinguere tramite il gusto e la forma ciò che fate preparare: che un Potage de Santè sia una buona minestra borghese, ben nutrita di buone carni scelte, e ristretta in poco brodo, senza carne trita, funghi, spezie, né altri ingredienti, ma che sia semplice, poiché porta il nome della salute; che quella ai cavoli abbia tutto il profumo del cavolo, quella ai porri del porro, alle rape della rapa e così le altre, e vedrete che i vostri Signori staranno meglio, saranno sempre di buon appetito, e che voi ne riceverete gli elogi. Quanto ho detto sulle Minestre, intendo che valga per tutto, e che sia la norma per tutto ciò che si mangia”.

In un altro trattato, all’inizio del capitolo relativo al manzo, nella Cuisinière bourgeoise, Menon scriveva: “Non entrerò nei dettagli di quella che chiamiamo la carne di scarto. Questa carne è in uso solo presso il popolino, che si ingegna in preparazioni ricche di sale, pepe, aceto, aglio e scalogno per coprirne il gusto insipido”.

Quello che era raffinato nei secoli precedenti, i condimenti speziati e acidi, diventano volgari e viceversa, viene abbandonato il gusto “forte” e ricercato al suo posto quello “fine e delicato”.

Dagli storici vengono fatte varie ipotesi per spiegare questo radicale mutamento del gusto, ed il quasi totale abbandono delle spezie orientali.
Una prima identifica nel calo del costo delle spezie il contemporaneo calo di prestigio delle stesse e, la nobiltà, per ostentare la propria raffinatezza, si rivolge ad altri sostituti in luogo dei sapori orientali diventati banali.
Un’altra ipotesi attribuisce il calo di interesse nelle spezie al declino della medicina ippocratica e della sua dietetica, che a partire dal XVII secolo entra in un lungo periodo di decadenza.

Ma forse la spiegazione non è determinata da un solo fattore, considerando che nel frattempo si stava assistendo ad un cambio di mentalità globale in relazione al sapere, alla visione del mondo, ed alla percezione che le società europee avevano di loro stesse.

L’Illuminismo accellera il naufragio dell’antica medicina, delle antiche credenze sulla produzione umorale del corpo e dei benefici derivanti dall’uso di spezie “calde” o “secche” considerate efficaci secondo la dietetica greco-araba.

L’Europa medioevale situava il centro del mondo in Medio Oriente, dominato dall’Islam e considerato la terra di Dio, barriera geografica e politica invalicabile verso l’Asia e l’Africa interna. L’oceano Indiano era il mondo dell’ignoto e del meraviglioso, dei miti e dei pericoli, e l’Europa medioevale assorbiva i fiabeschi racconti orientali pregni di leggende e di mostri fantastici.

Ma dalla fine del XV secolo il mondo, per l’Europa, si allarga e cadono i confini e le barriere in concomitanza con le prime conquiste delle rotte commerciali. Inoltre, con la conquista dell’America, il centro economico si sposta dal Mediterraneo all’Atlantico, ed il prestigio dei prodotti orientali inizia a subire un netto declino.

L’organizzazione Indiana ed Araba, che ha funzionato quasi ininterrottamente per circa 4000 anni nell’Oceano Indiano, e che ha commerciato spezie, ma anche cultura, sapere, filosofia, cessa all’improvviso soppiantata da un modello di business tutto europeo, che da quel momento in avanti detterà la movimentazione globale delle spezie e decreterà o meno il successo di questa o quella spezia in cucina

- CONTINUA -

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