sabato 26 settembre 2009

A qualcuno piace "hot"! Le rotte delle spezie (parte decima)

Nel XVIII secolo iniziarono a codificarsi le prime raccolte popolari di cucina, non più riservate alla sola nobiltà, quelle che più tardi verranno chiamate ricettari di cucina “tradizionale”. Occorrerà, però, aspettare l’800 ed il ‘900 perché le ricette inizino a stabilizzarsi ed assumano una connotazione a carattere veramente locale.

Nel frattempo gli alimenti che arrivavano dall’America iniziavano piano piano a prendere piede e con essi le spezie, soprattutto sudamericane. Tra esse spiccava il peperoncino, data la sua facile coltivazione anche nelle regioni sud europee, e dato il basso costo di coltivazione, ben presto andò ad affiancare il pepe, quando non a sostituirlo, nella cucina popolare.

Gia nel ‘700 la dietetica aveva cessato di guardare al passato, e le spezie calde dell’oriente avevano iniziato a perdere il loro fascino. L’unica che non doveva subire un arresto, ma, anzi, un incremento nel corso del tempo fino ad oggi, è il pepe che è ancora la spezia più commerciata a livello mondiale.

Riassumendo molto sinteticamente 5000 anni di storia delle spezie, abbiamo visto come esse entrarono nell’uso quotidiano passando prima, e per lungo tempo, attraverso l’uso derivato dalle filosofie religiose e mediche dell’antichità, facendo capolino in cucina solo in un secondo momento, per arrivare all’esplosione di sapori nel tardo medioevo e regredendo nuovamente in età moderna.

Lo studio dei due ricercatori, che ha dato origine a questo breve escursus, associa il consumo delle spezie alla loro proprietà antisettica, che indubbiamente è presente, e sostiene che esse vengano utilizzate fondamentalmente per questa ragione.

Probabilmente, però, questa sola ragione da sola non basta a motivare l’enorme diffusione che le spezie hanno avuto nel corso dei millenni, poiché anche a livello locale sono presenti spezie od erbe che assolvono egregiamente a questa funzione, ed in molti casi possiedono proprietà antisettiche di gran lunga migliori rispetto alle spezie importate.

Limitare l’analisi ai ricettari di cucina “tradizionale” di poco più di un secolo di vita, senza tenere conto dei movimenti dei popoli, dei loro usi e costumi, e dell’economia delle spezie nella storia a livello globale, vincola fortemente lo studio ad un periodo storico molto ravvicinato e non sufficientemente rappresentativo.

Un altro aspetto riguarda la distribuzione dell’uso delle spezie a seconda della latitudine di un certo piatto: molto maggiore nelle fasce tropicali e molto minore in quelle settentrionali o meridionali, associando questo parametro esclusivamente ad una maggiore deperibilità degli alimenti a causa del caldo e dell’umidità.

A questa approccio esclusivo possono essere mosse due obiezioni, entrambe valide.
Nelle fasce tropicali è presente la stragrande maggioranza delle specie vegetali del nostro pianeta, ed in proporzione, quindi, anche la maggioranza delle spezie ed erbe che vengono utilizzate nelle cucine di quelle regioni.

L’evoluzione delle comunità umane, da raccoglitori ad agricoltori, ha inglobato nella cucina gli alimenti che venivano prima raccolti e successivamente coltivati nel territorio di residenza, e naturalmente di questi alimenti fanno parte le spezie e le erbe, in misura tanto maggiore quanto maggiore è la loro presenza a livello locale.

La seconda considerazione riguarda lo sviluppo geografico delle grandi società del passato, nate tutte in regioni dove le spezie (ma soprattutti gli alimenti) erano abbondanti e che hanno avuto millenni di tempo per assimilare determinati sapori ed esportarli ai confini ed oltre dei loro imperi.

Per concludere, ritengo che alla domanda: “perché si usano le spezie in cucina”, non sia possibile dare una risposta univoca, trovata nelle ricette dell'800 e del '900, ma essa vada ricercata nella concorrenza di tutti quegli aspetti economici, religiosi, filosofici, medici, culturali che abbiamo visto nel corso di questa breve storia.

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