martedì 15 settembre 2009

A qualcuno piace "hot"! Le rotte delle spezie (parte ottava)

L'Europa medioevale e le spezie

In Europa si stava assistendo a due grandi fenomeni: la disgregazione dell’Impero Romano e la diffusione del Cristianesimo.

Assetto europeo dopo il 476


Tra il II ed il IV secolo, le invasioni barbariche riuscirono a demolire completamente prima i confini e poi la struttura stessa dell’Impero Romano, suddividendo l’Occidente in una miriade di stati indipendenti e soggetti ad organizzazioni nel commercio e nell’economia politica diverse tra loro.

Il sapere si rifugia nei monasteri, che diventano i centri ed i custodi gelosi e spesso occultatori, delle antiche arti filosofiche, mediche e scientifiche.

Per secoli la pratica medica regredisce in Europa, ed i manoscritti alto medioevali offrono solo un insieme di regole pratiche per formulare una diagnosi tramite l’osservazione del polso e delle urine, descrizioni sommarie di malattie dal nome greco sempre più storpiato, liste di erbe medicinali e ricette che attingono a fonti diverse.

Le pratiche dietetiche, ereditate dai greci e dai romani, erano modellate sul principio dei quattro umori prodotti dal corpo ed alla trasformazione delle proprietà degli alimenti mediante la loro manipolazione in cucina.

Gli scritti sopravvissuti venivano storpiati ed adattati ad una visione più “cristiana” del mondo, e molte antiche conoscenze venivano perse oppure occultate dai centri di potere nei monasteri.

San Basilio, fondatore nel 370 di un grande ospedale a Cesarea, scriveva che: “non tutte le infermità sono di origine naturale, perché alcune sono inviate direttamente da Dio per provare la nostra fede o per castigare qualche peccato da noi commesso”.

All’uomo del popolo medioevale, della dietetica medica in senso culturale importa poco, ricorda solo quello che gli è utile a supportare la sua esperienza nei problemi di salute più immediati e che rimanda a rimedi basati sulle antiche credenze nelle proprietà del calore e del fuoco.


Stretto da una parte dalla fede cristiana, e dall’altra da un Oriente che esercitava ancora un fascino misterioso molto potente, al sapere perduto sostituisce le credenze popolari: il solo contatto con le pietre preziose che arrivavano dall’Oriente era considerato capace di proteggere il corpo dalla vecchiaia, le spezie non scacciano solamente i fluidi malsani, ma li bruciano, ed attraversano l’immaginario medioevale ben al di là della cucina e della gradevolezza, staccandosene quasi completamente e diventando di fatto rimedio medico e panacea universale.

Ma per quanto riguarda la cucina e l’uso delle spezie che era così esteso durante l’Impero Romano?

La cucina medioevale in Europa

Dalla raccolta di ricette di Apicio del II secolo d.C. fino ai primi scritti di cucina medioevali del XIV secolo dovranno passare secoli, quindi si hanno solo indicazioni di massima sull’alimentazione popolare.

La stratificazioni delle classi sociali impattava tutti gli aspetti della vita quotidiana, compresi quelli alimentari. Ai nobili ed al clero venivano riservati cibi più raffinati di quelli destinati al popolo.

Dai registri di approvvigionamento dell’Abbazia di Corbie per l’anno 716, in testa agli acquisti si trovano pepe e cumino, seguiti da chiodi di garofano, nardo indiano e costus. Duecento anni dopo, in un altro registro della stessa abbazia compaiono anche la galanga, lo zenzero e la cannella.

Gli scambi commerciali con l’India non si erano interrotti, ma erano diventati enormemente più costosi per il fatto che le rotte commerciali non attraversavano più vasti imperi unificati, ma spesso e sovente transitavano in terre non soggette a stretto controllo e quindi insicure. Per l’uomo del popolo la spezia orientale diventa un qualcosa di irraggiungibile e che dovrà sostituire con altri sapori, più a buon mercato, raccolti nei campi.

Nei libri contabili del XIV secolo di alcuni mercanti di Montauban, paese francese ai piedi dei Pirenei, ritroviamo la stratificazione sociale legata agli acquisti.

Contadini, artigiani e braccianti non acquistano spezie, e se questo si verifica, molto di rado, l’unica spezia acquistata è il pepe. Salendo nella scala gerarchica, i mercanti oppure i borghesi si approvvigionavano costantemente di questa spezia, mentre clero e nobiltà acquistavano anche zenzero, noce moscata e cannella.

Mezzo chilo di pepe nel 1300 costava l’equivalente di un montone, mentre mezzo chilo di noce moscata più di una mucca.

Il popolo per trovare il calore, considerato indispensabile per una buona digestione, si rivolgeva ai campi e faceva un uso abbondante di aglio e cipolla.
Al posto delle spezie orientali, troppo care, J. Dubois nel 1544 nel suo trattato dietetico per un regime alimentare sano, destinato alla popolazione, consigliava una polvere fatta di rosmarino, salvia, issopo, santoreggia, timo, maggiorana, alloro e teste di cardo, con la quale si aromatizzavano minestre di verdure e brodetti.

Secoli dopo decantiamo e ricerchiamo il misto di “erbette provenzali” da aggiungere ad arrosti e zuppe casalinghe.

Le spezie in cucina erano diventate stretto appannaggio dei potenti e dei mercanti, così come altri prodotti oggi ritenuti di largo consumo, come zucchero oppure olio di oliva che, per esempio, in Liguria si inizierà a consumare stabilmente dalla popolazione solo durante l’800.

I trattati di cucina del XIV secolo sono scritti da cuochi al servizio di re o di nobili di alto rango, e rappresentano una cucina di corte più o meno uniforme in tutta Europa e che fa un uso abbondante di spezie.

Le più utilizzate sono zenzero, cannella, zafferano e chiodi di garofano. Il pepe nero è scarsamente menzionato, probabilmente perché la sua diffusione negli strati sociali più bassi ne diminuisce il prestigio. Compaiono anche, in misura minore e destinate alle mense più raffinate, cardamomo, macis, noce moscata e pepe lungo.

Un confronto tra una raccolta di cucina della fine del XIV secolo “Le Mesnagier de Paris” ed una sua corrispondente orientale, evidenzia che in Europa, a corte e dalla ricca borghesia, venivano utilizzate altrettante spezie che in Medio Oriente, differenziandosi solo per l’uso del coriandolo e del cumino, completamente abbandonati in Europa Occidentale da qualche secolo.

I ricchi piatti speziati mettevano in competizione le varie mense reali, e la spezia era diventata l’espressione più evidente di un determinato stato sociale, ricercata in quanto espressione del benessere economico dell’anfitrione.

Ma in soli duecento anni, come vedremo, tutto il sistema è destinato a crollare e le spezie orientali, da protagoniste indiscusse, spariranno quasi completamente dalle ricette europee.

La Francia, promotrice della cultura culinaria d’elite in Europa e nel mondo, detterà le nuove regole nell’uso delle spezie, ed il centro del mondo si sposterà nuovamente, abbandonando per sempre il Medio Oriente.

- CONTINUA -

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